La stagione volge al freddo intenso, non va poi male lo stare chiusi in casa e per scaldarsi si potrebbe, a metà pomeriggio quando calano le temperature, bersi un “tè delle cinque”, in piena tradizione British. Ma vediamo come e quando, nella storia, si impone questa consuetudine, fino a diventare tradizione.
Il tè delle cinque o Afternoon Tea rappresenta la più classica modalità di consumare il tè in occidente. Si presume sia stata Anna Maria Russel, Duchessa di Bedford, ad organizzare per prima questo tipo di rinfresco, nel castello di Belvoir intorno al 1840. Si racconta che la Duchessa soffrisse di un notevole languore pomeridiano, dovuto al lungo lasso temporale che divideva il pranzo dalla cena.
Il professor Alessandro Barbero ci aiuta a comprendere meglio com’era l’organizzazione dei pasti ai tempi della Duchessa nel suo interessante libretto “A che ora si mangia”. All’epoca l’Inghilterra era una potenza imperiale con grandi domini in oriente, che si era imposta sulla Francia non solo militarmente ma anche nella moda e nel costume. Barbero ci racconta che lo spostamento in avanti dell’orario dei pasti era fra le tendenze più in voga del momento. Naturalmente questo fenomeno era ristretto principalmente alla corte inglese, alla nobiltà e all’alta borghesia, ed era diventato così di moda che veniva imitato persino nelle altre corti europee. Questa tendenza, infatti, ben si adattava alla routine dei nobili, i quali si alzavano molto tardi, consumavano subito una prima colazione, spostando sempre più avanti l’orario del pasto principale, fin verso sera, arrivando anche alle 19 o alle 20. Nacque così la necessità di inserire un intermezzo a metà pomeriggio, basato sul tè ed accompagnato da tartine, scones, biscotti, ecc.
I tè più consumati erano probabilmente tè neri, serviti con zucchero ed una nuvola di latte. Oggi i più adatti sono il Darjeeling o il Ceylon, i tè pomeridiani per eccellenza. Questo appuntamento si diffuse rapidamente non solo in altri paesi, ma anche tra le diverse classi sociali, adattandosi alle specifiche abitudini. Per la nobiltà era un momento d’ intrattenimento e di esibizione del lusso, per la borghesia invece la conferma di uno status sociale raggiunto.
Il tè era infuso in teiere d’argento e servito in preziose ceramiche; lo stesso zucchero, allora solo d’importazione, era un altro genere alimentare costoso e usato con parsimonia. Il tè delle cinque era chiamato anche Low Tea, per distinguerlo dall’ High Tea, consumato all’incirca alla stessa ora dalle classi lavoratrici. Questa bevanda mostra anche qui la sua notevole capacità di inserirsi nei diversi strati sociali, adattandosi alle rispettive esigenze. L’High Tea aveva la funzione di “riscaldare” la cena delle classi popolari, spesso costituita da piatti freddi. I ceti meno abbienti potevano infatti acquistare, a basso prezzo, le foglie già infuse una prima volta. In oriente era, ed è normale, fare più infusioni consecutive delle foglie del tè fino ad esaurirle, mentre in occidente questa pratica non ha mai preso piede. Il mercato delle foglie “usate” era alimentato dai domestici delle case dei ricchi che, oltre a rivenderlo per pochi soldi, lo donavano ad amici e parenti contribuendo così alla diffusione della bevanda fra tutti gli strati della popolazione. La piccola borghesia, soprattutto cittadina, trovò un suo modo peculiare di consumare il tè. Preferiva i Tea Garden, come il Vauxall ed il Ranelagh Gardens a Londra: si trattava di giardini pubblici, dotati di padiglioni coperti dove si poteva consumare il tè, ballare e socializzare.
Dall’inizio del secolo scorso vari hotel, spesso di gran lusso, hanno messo a disposizione le proprie sale al pubblico per un tè pomeridiano. A Londra l’Hotel Savoy offre uno dei più classici Afternoon Tea al “modico” prezzo di 70 -80 sterline. Il costo, non proprio contenuto, e le lunghe liste di attesa confermano l’attualità di questo classico rito British che, nonostante il tempo, conserva inalterato tutto il suo fascino. Fin qui abbiamo soprattutto parlato della storia del tè, ma che sapore ha il tè nero? Ne parliamo la prossima volta.