Poesie di stagione

Si, come ci sono le verdure, i frutti e, in generale, i cibi di stagione, oggi vi proponiamo tre poesie di stagione. Non sono tre poesie famose, ma a noi sembrano molto significative. Non parlano di cibo, o perlomeno il cibo è presente solo in una di esse. Parlano però di convivialità e dello stare insieme, del freddo dell’inverno e del calore umano, cioè di cose che ci sembrano pertinenti in questo momento. Una è stata pubblicata da un piccolo editore, le altre due sono inedite e scritte da una persona non più nel fiore degli anni.

Buona lettura e buon Natale.

Valzerino

Siediti

mangia con me

resta

fino all’ultimo sorso

ed oltre

fino a mattina

e ci sarà colazione

pane latte uova

e ben altro

se resterai fino a pranzo

un vino frizzante e fresco

ai tortelli di zucca

ad un grasso bollito

alla zuppa inglese

e l’ottomana per un sonnellino

e due passi due

per una merenda

di fichi uva e melograni

asprigni e vivi

e succosi e tannici

come cos’altro

se non la cena

un brodo occhiuto

per due cappelletti

e la fetta di salame

sul tagliere

a spartire

siediti

mangia con me

resta

Pierluigi Tedeschi tratta da “Il Profilo delle Parole” (Baobab Edizioni, 2010)

Flusca

Forse questa parola

Non avrà l’approvazione

dell’accademia della crusca.

Ma mi sembra

la sola

che mostra esattamente

il lento andirivieni

dei fiocchi bianchi e radi

fra gente

infreddolita.

Ognuno par che badi

a camminare piano

a tendersi la mano

in un saluto lieve

lieve come la neve.

Franco Zoboletti, inedito

A figli e nipoti

Non rimpiango le calde coperte.

L’abbagliante chiarore dei prati,

i rivoli ancora gelati,

il silenzio di strade deserte,

mi riportano ai tempi passati

di stagioni più autentiche e certe.

Ma purtroppo qualcosa mi avverte

che quei tempi non son ritornati.

Non ritrovi oramai sulla soglia

chi sorride spalando la neve;

chi gli auguri non fa controvoglia,

perché vuole, non sol perché deve.

Chi, se passi, ti offre un bicchiere

o ti invita a scaldarti le mani.

Ve lo dico con gran dispiacere

io non riesco a invidiarvi il domani.

Franco Zoboletti, inedito

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