di Chiara Mastrolorito e Maicol Sacchetti
Tutto ci saremmo aspettati tranne di sentirci così vicini alla Natura e accolti in un luogo a noi estraneo, come durante i pochi giorni passati con Arturo, Alejandro e le loro famiglie. Dopo qualche ora di strada da Quito raggiungiamo il Festival del Choco Andino a Pacto, un brulicante villaggio nella provincia del Pichincha, lontano dalle consuete rotte turistiche e dalle vie trafficate che portano dalla capitale alle zone marittime sull’Oceano Pacifico. Qui abbiamo appuntamento con Alejandro per conoscerci e scambiare due chiacchiere sul suo lavoro, la coltivazione del cacao. Prima ancora di arrivare al Festival ci troviamo immersi nel traffico di un piccolo villaggio, che per una giornata si trova ad essere il centro vitale e ribelle di una regione vastissima a cavallo tra Ecuador e Colombia. La regione del Chocò Andino, infatti, si sviluppa nella zona collinare fra i due stati, a ovest delle Ande, ed è soggetta ad un intenso sfruttamento minerario che ne mette a rischio il fragile e complesso ecosistema, senza rappresentare una buona fonte di reddito per le famiglie della regione. Una situazione, appoggiata dall’amministrazione politica nazionale, in cui ci rimettono in molti e guadagnano solo in pochi, i gestori delle miniere e i politici che li appoggiano.
Parcheggiamo l’auto lungo la strada principale e ci dirigiamo verso il centro sportivo seguendo il vociare e la musica. Il campo da calcio è invaso di bancarelle in cui è possibile acquistare prodotti invitanti e colorati: frutta fresca, succhi, oggetti di artigianato, street food. Alejandro ci attende nella tenda che condivide con alcune famiglie, che lo aiutano a portare avanti il suo progetto di riqualificazione e sviluppo di una zona vicino al Rio Mashpi, da cui prende il nome il suo cioccolato. Alejandro è sorridente, ha una barba folta e gli occhi azzurri, limpidi quanto le acque del torrente davanti alla sua finca (così si chiamano le fattorie). Ci presenta ad altre persone e poco importa se parliamo lingue diverse, con gesti e sorrisi ci capiamo e in un attimo ci ritroviamo ad assaggiare frutta dal nome impronunciabile e dallo strano aspetto e ad annusare erbe aromatiche e spezie che vengono utilizzate per infusi e medicazioni.
Prima di salutarci e darci appuntamento per l’indomani mattina per la visita alla piantagione, Alejandro ci presenta e ci affida ad Arturo che ci ospiterà nella sua fattoria per la notte. Arturo è originario di Roma ed è sposato con una ragazza del luogo e, davanti ad una gustosa cena, ci racconta dell’importanza per la gente del posto della riscoperta del valore della terra e dell’agricoltura. Arturo è proprietario di una delle quattro fincas, delle quali Mashpi Shungo (Cuore del Mashpi) è la più grande e la principale anche in termini economici e i loro obiettivi sono la salvaguardia della biodiversità, la costruzione di una comunità agricola e sociale economicamente stabile e in armonia con l’ecosistema e la promozione eco-turistica della zona.
Il territorio del Rio Mashpi possiede infatti una delle foreste nebulari vergini dell’Ecuador e rappresenta un luogo ad altissimo valore naturalistico, ricchissimo di flora e fauna ma soggetto a continue interferenze antropiche, principalmente per l’allevamento del bestiame e per la coltivazione della canna da zucchero. L’impegno volto al miglioramento dell’ambiente naturale non passa solamente attraverso la coltivazione di essenze tipiche del territorio, ma deve essere parte integrante del sistema economico rurale e sociale.
Senza la possibilità di migliorare la propria condizione di vita, gli agricoltori locali sono obbligati a cedere alle pressioni dei commercianti di canna da zucchero o di animali da carne e a sottostare ai loro metodi spregiudicati che spremono la terra in ogni sua risorsa.
Pronti per andare a dormire, Arturo ci accompagna verso una recente casa in legno a poche centinaia di metri dalla sua abitazione. Questa sistemazione è stata costruita proprio per concretizzare il progetto di sviluppare un turismo ecologico, una nuova fonte di guadagno che potrebbe diventare parte importante in un prossimo futuro, per gli abitanti della zona.
Il mattino seguente ci dirigiamo a piedi a Mashpi Shungo, la finca di Alejandro. Oltrepassiamo un cancello in legno e percorriamo un lungo viale delimitato da bambù gigante, un materiale che qui è molto utilizzato in qualsiasi tipo di costruzione. Poco più avanti si intravedono gli edifici principali: uno in legno e uno in mattoni e cemento, che prosegue con una tettoia sotto la quale fa capolino un forno per l’essicazione del cacao.
Conosciamo Marc Bascones, un ragazzo sulla trentina originario di Barcellona, la cui passione per il cacao lo ha portato qui a lavorare come volontario in cambio di vitto e alloggio. Marc fa gli onori di casa introducendoci al metodo e alla filosofia con cui Alejandro gestisce la sua piantagione: un utilizzo consapevole delle risorse, unito al reintegro di importanti elementi naturali nell’ambiente circostante.
Ci accorgiamo subito che è molto difficile parlare di piantagione nei termini canonici a cui siamo abituati. Quello che vediamo è un vero e proprio bosco, un susseguirsi di piante differenti con alcuni spazi dedicati al cacao. Qui gli alberi di Theobroma non sono la piantagione ma ne fanno parte, in una sorta di patchwork vegetale in cui è possibile trovare agrumi, banani, vaniglia, bambù, jack fruit e tante altre specie tropicali di cui non conosciamo i nomi.
Chiediamo perché occupare terreno, escludendo la coltivazione principale, per altre essenze meno pregiate e la risposta di Alejandro ha una logica ineccepibile, semplice ed efficace. È dimostrato che la monocoltura è perdente: perdente per la riduzione della biodiversità, per la terra impoverita dalla richiesta estenuante di nutrienti, per i fiumi inondati di concimi minerali e antiparassitari, per i contadini schiavi di un commercio non etico ed economicamente insostenibile. Perché coltivare e vendere un solo frutto e dover invece comprare quello che invece naturalmente può crescere nella piantagione?
Questa filosofia non è propaganda, ma è supportata dai fatti. Proprietario di 60 ettari di terreno che erano stati destinati a pascolo o monocoltura, Alejandro ne utilizza solo 7 per la coltivazione del cacao in consociazione con circa una trentina di altre piante. I 53 ettari restanti sono stati trasformati in area protetta e, nell’arco di dieci anni, questo ha consentito alla vicina foresta nebulare di espandersi invadendo le proprietà di Alejandro, consolidando un terreno che prima era a rischio erosione e ripopolando la fauna selvatica così velocemente che le specie di uccelli sono passate da 40 a 150.
Nei sette ettari in cui produce cacao Alejandro coltiva solamente la varietà Nacional, fino de aroma, come si dice da queste parti, endemico della zona del Chocò Andino, con una qualità straordinaria, per gli aromi del cioccolato prodotto. Il suo cacao è coccolato e seguito passo per passo, giorno dopo giorno, poiché il clima della zona del Rio Mashpi non è del tutto favorevole per via dell’umidità, presente quasi tutto l’anno, che avvantaggia le avversità fungine che più colpiscono la pianta del cacao. Per limitare i problemi ogni tre giorni viene perlustrata tutta la piantagione in cerca di sintomi di Monilia e Scoba de Bruca (gli scopazzi delle streghe) e meccanicamente viene asportata la parte colpita, evitando di intervenire chimicamente.
Il cacao Nacional La raccolta
I box di fermentazione delle fave cacao Le fave di cacao in essiccazione
La fertilizzazione è un capitolo a parte e Alejandro ci spiega in dettaglio come interviene. Potature, fogliame e frutti non edibili vanno a comporre un substrato utile al ripristino delle migliori condizioni e, nel caso in cui questo non sia sufficiente, utilizza un fertilizzante naturale di sua creazione a base di crusca, terriccio e melassa.
Proseguiamo la nostra visita verso la zona di lavorazione del cacao e notiamo alcune cabosse vuote ai piedi degli alberi. L’apertura delle cabosse infatti viene svolta direttamente sotto le piante da cui queste vengono raccolte in modo che con le piogge i gusci si possano riempire di acqua e divenire quindi un ambiente ideale per lo sviluppo del moscerino impollinatore del cacao. Tutto sembra così naturalmente incastrato che quasi stentiamo a crederci.
La lavorazione delle fave, la fermentazione e l’essiccazione avvengono invece vicino ai locali di produzione del cioccolato. Così come in piantagione, tutto è seguito nei minimi dettagli. Mashpi Shungo è riuscita ad accedere a dei finanziamenti pubblici che hanno permesso la costruzione di un laboratorio per la produzione delle tavolette. Il laboratorio viene gestito e coordinato da Agustina, la moglie di Alejandro, e consente ad alcune donne della comunità di lavorare e avere una fonte di reddito.
Alla fine della visita ci sediamo con tutti gli accompagnatori attorno ad un tavolo. Assaggiamo alcune tavolette di cioccolato estasiati ed entusiasti mentre Agustina ci parla dei frutti, sempre coltivati nella piantagione, con cui è aromatizzato. Con il marchio Mashpi vengono prodotte tavolette di cioccolato con una percentuale minima del 70% di cacao, più una decina di aromatizzazioni diverse. Prima di congedarci Alejandro ci confida che è difficile, nel mondo del cacao, resistere alla competizione degli ibridi molto più produttivi, ma che esempi viventi di agricoltori possono essere utili per riuscire a cambiare la mentalità di chi ha scelto la quantità al posto della qualità. Alejandro, insieme ad un gruppo di altri “ribelli”, ha fondato un’associazione chiamata “I guardiani della semilla” (i guardiani dei semi) con l’obiettivo di salvaguardare la varietà di cacao Nacional e proteggerlo dall’invasione degli ibridi, come il famigerato CCN51.
Usciamo dal cancello di legno della finca intellettualmente rivoluzionati, presi e capovolti da questa esperienza unica. Tutti i modelli di sostenibilità ritrovati in questo breve lasso di tempo ci accompagneranno concretamente nella vita di tutti i giorni e quando penseremo a tutto questo, un pensiero solo ritornerà mille volte: una persona giusta ti può far cambiare il modo di vedere le cose in pochissimo tempo e se quella persona produce cioccolato, ha gli occhi azzurri e una finca di fronte al rio Mashpi, beh hai trovato a chi affidarti perché tu possa vedere risultati incredibili.