Un burro tra i migliori che abbia mai provato. Da qualche parte nelle Alpi Cozie. Ottenuto dalla panna di tre o quattro mungiture, raccolte in due giorni, centrifugato a mano nella zangola e modellato con lo stampo di legno. Il latte, conservato in una tinozza, refrigerato dallo scorrere dell’acqua di montagna, è stato filtrato tra rami di ortica e rovo. Aperto, crudo, diretto, incredibilmente floreale e di alpeggio.
E ad uno dei suoi usi migliori venne impiegato – seguito poi dal ‘tazzone’ della colazione con caffè, vino rosso, burro e zucchero – la fonduta: cipolla e pomodoro cotti a fuoco lento con burro in quantità, il profumo floreale del grasso caldo che riempie la baita. Poi si aggiungono cubetti di toma del margaro (un formaggio di montagna fatto in modo semplice e veloce, dal latte di bellissime mucche che pascolano in alta quota) stagionato un mese, bianco, elastico, il profumo del latte ancora presente; eccolo che nel tegame ritrova la sua panna perduta (il burro). Per finire un uovo, sale, pepe e si serve con pane e vino rosso. Assolutamente delizioso.
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